Risolvi la paura del movimento

Questo tipo di paura, detta Kinesiphobia, è legata al timore di sentire dolore durante i movimenti. Conoscila e sconfiggila!

Il movimento è la modalità naturale che abbiamo per interfacciarci con il mondo esterno. Ciò nonostante possiamo diventare vittime di quella che è la paura di muoverci.

Le perplessità[1] che mi riportano i miei pazienti sono sempre le stesse:

  • Gli esercizi possono far aumentare il dolore?
  • Quando sto male è meglio evitare gli esercizi?
  • Se ho dolore significa che ho una malattia?
  • Perché i sanitari ed i miei famigliari non danno la giusta considerazione al mio dolore?
  • Sarò debilitato per tutta la vita?
  • Se mi muovo senza commettere gesti inconsulti, sarò più protetto?

In realtà il corpo umano risponde agli stimoli fisici e mentali che gli vengono proposti. La legge di Borelli e Wolf[5] ne é la prova la scientifica.

Il problema alla base di queste patologie è la perdita di controllo di sé stessi. Con questo mi riferisco al fatto che in tutte le comunicazioni del disagio c’è sempre uno o più elementi esterni a determinare il problema. Il “dolore”, il “movimento”, “l’incomprensione altrui” sono aspetti che l’individuo non sente di poter controllare e conseguentemente conduce in maniera passiva la sua esperienza motoria, sia essa quotidiana che sportiva.

Una parte della colpa di questa patologie è d’attribuire, se non alla causa, sicuramente alla scarsa attenzione gestionale, poiché la media che i pazienti vengono ascoltati prima di essere interrotti dai medici è di soli 23,1 secondi!
Secondo lo studio[2], che ha tratto questa conclusione, ne basterebbero altri 6 per permettere ai pazienti di esternare le proprie preoccupazioni.

Come essere umano e poi come professionista ritengo che una persona abbia diritto ad essere ascoltato per almeno 30 secondi prima d’iniziare la terapia!

Le terapie riabilitative efficaci hanno lo scopo di rendere autonomo, sicuro ed indipendente il paziente, attraverso l’educazione psicofisica di gestione di sé stesso e dei propri movimenti.

Come avviene tutto ciò?

Esistono tante teorie su come approcciarsi al dolore fisico e alla paura di esso. Ciò che da sempre sostengo è di non legarsi ad un’unica metodica, ma prendere il meglio dalle conoscenze scientifiche oggi disponibili.
Non nego che questa attitudine impegna i professionisti a studiare costantemente e rivedere i propri metodi, alla luce di nuove tecniche e scoperte scientifiche relative al movimento e alla fisioterapia.

Vediamo come nascono scientificamente le kinesiphobie prodotte dal dolore:

Nel momento in cui si verifica un trauma, le fibre nervose trasportano il segnale doloroso dal punto del corpo in cui si manifesta fino al cervello.

La cosa interessante è che a livello periferico la sensibilità al dolore è simile fra gli esseri umani ma è l’elaborazione emotiva a livello centrale che ne determina l’entità. E’ dunque il sistema limbico a dare un valore emotivo, e quindi personale, a quella sensazione (dolorosa) giungendo alla corteccia prefrontale dove assume sfumature comportamentali legate alla personalità.

Questo significa che il dolore che percepiamo, fermo restando la gravità dell’infortunio, è frutto della nostra esperienza emotiva e del nostro carattere.

Dopo aver spiegato al paziente questo semplice concetto scientifico inizio subito a lavorare sul movimento.

Con esercizi gradualmente più impegnativi permetto al paziente di ritrovare quell’ autonomia che credeva perduta. All’inizio mi concentro su quelli che sono i movimenti accessori per poi avvicinarmi al movimento di quelle strutture affette da kinesiphobia.

Se, per esempio, la paura riguarda il movimento della colonna, proporrò degli esercizi che stabilizzano la schiena in una posizione di neutralità per poi in seguito, una volta che il paziente dimostra maggior sicurezza, elaborare degli esercizi che hanno lo scopo di muovere proprio la struttura della colonna.

La signora nel video mostra una palese kinesiphobia nel saltare sul box come si evince dai continui tentativi motori. Come si vede alla fine del video, riuscirà nell’impresa, per cui è evidente che non era una problematica fisica ad impedirle di saltare. La sua scelta di affrontare la paura consisteva in una pratica imposizione di voler saltare a tutti i costi. Una modalità che sconsiglio, poiché può risultare frustrante e rischioso per il paziente che non è accuratamente seguito da un professionista esperto. La propedeutica di movimento che ho evidenziato in questo articolo risulta essere sicuramente più dolce e abbordabile da tutti, e garantisce risultati efficaci e risolutivi sul lungo periodo.

 

Ognuno di noi soffre di qualche forma di paura del movimento.
Saperle riconoscere significa poter affrontarle, superarle e migliorare l’approccio non soltanto al movimento in senso stretto ma aprirsi alla vita.

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dott. Michele Castellano Vitaterna
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Bibliografia:

  1. 1. Pain, kinesiophobia and quality of life in chronic low back pain and depression
    Rogério Sarmento Antunes,1 Bárbara Gazolla de Macedo,1 Tammy da Silva Amaral,1 Henrique de Alencar Gomes,1 Leani Souza Máximo Pereira,2 and Fábio Lopes Rocha1
  2. 2.Soliciting the patient’s agenda: have we improved?
    Marvel MK1, Epstein RM, Flowers K, Beckman HB.
  3. 3.http://www.tac.vic.gov.au/__data/assets/pdf_file/0004/27454/tampa_scale_kinesiophobia.pdf
  4. 4.Psychometric properties of the Tampa Scale for kinesiophobia and the fear-avoidance beliefs questionnaire in acute low back pain
    E. J. C. M. Swinkels-Meewisse*wz, R. A. H. M. Swinkels*w, A. L. M. Verbeek}, J. W. S. Vlaeyenz, R. A. B. Oostendorp*z8
  5. 5.https://it.wikipedia.org/wiki/Rimodellamento_osseo
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